Adattarsi al cambiamento: la negazione afferma.
Una persona è un organismo biologico provvisto di
consapevolezza. La nostra consapevolezza si sviluppa insieme ad una coscienza,
ovvero un sistema interiore di elaborazione. La coscienza attribuisce significati ai dati sensoriali raccolti dall’esterno
attraverso i nostri sensi, e li categorizza in forme complesse come pensieri,
convinzioni e schemi.
La coscienza è sia un filtro che un giudice. Mentre la consapevolezza è la nostra capacità di
renderci conto di qualcosa senza esprimere un giudizio, la coscienza attinge
ad un vasto bacino di informazioni (memorie e stratificazioni di elaborazioni
precedenti) per esprimere giudizi e dar un senso al tutto. Sentiamo la voce interna
della coscienza ogni volta che viene espresso un commento, una realizzazione od
una ponderazione, etc. che a sua volta agisce su un diverso livello per
giudicare (criticare, etc.) il suo stesso operato. La coscienza è considerata
autonoma.
Quando la coscienza non “funziona” secondo i parametri
comuni alla maggioranza delle persone intorno a noi, ecco che usiamo etichette
per identificare le anomalie e le aberrazioni. Ma in tutto questo marasma, la
coscienza ammette la presenza e la natura del cambiamento: la comprende, la valuta e ne fa tesoro.
Il senso della coscienza è quello di proteggerci, motivarci,
e fare qualsiasi altra azione che svolga una qualche utilità per il soggetto
che ne fa uso. Si può controllare la coscienza come uno strumento, od esserne
vittima. Quando la consapevolezza è premiata, e la coscienza viene lasciata
esaurirsi, ad un certo punto la coscienza smette di riproporsi nella mente
degli individui. Chi invece sfrutta il meccanismo dell’ossessione (il
meccanismo di funzione basilare alla coscienza) può diventare schiavo dei
propri stessi paradigmi interni, siano essi pensieri, immagini, suoni, etc.
Un ossessione non
è per questo una cosa negativa. Non lo è quando è sotto controllo: ogni persona
di successo, od ogni persona che “sa far bene una cosa sola” è in un qualche
modo ossessionata da quella attività o cosa. L’ossessione è la capacità di non
stancarsi mai, e di autostimolarsi ogni qualvolta gli elementi a disposizione
sono finiti. Si differenzia dal delirio che può presentarsi sotto una forma di
privazione di elementi utili a fornire una stimolazione, od una forma di
allucinazione che aggiunge elementi inesistenti alla realtà intorno a noi.
Cosa c’entrano la coscienza, l’ossessione ed il cambiamento?
Sono parti fondamentali della nostra natura. Chi fallisce nel riconoscere la differente natura delle parti in gioco
(cioè chi non percepisce tali concetti come estremamente diversi l’uno dall’altro
sia per forma che per contenuti) è una persona che non può vivere serenamente
nel nostro mondo. La nostra realtà ci mette di fronte a continui cambiamenti, e
per certi versi un attaccamento ingiustificato al passato è sbagliato quanto un
ingiustificato attaccamento al perpetuo rinnovo.
L’equilibrio
trovato tra il cambiare ed il fare le stesse cose determina la nostra qualità
della vita. E purtroppo, troppe persone falliscono nel trovare un equilibrio
che abbia un senso che si integri nella realtà che stiamo vivendo. Le persone italiane
di oggi vogliono un cambiamento ma sono ossessionati dalle loro paure al punto
da desiderare che il cambiamento avvenga per cause esterne, e mai per conto di
azioni che debbano essere oggetto di seria critica della propria coscienza. La
nostra società è basata sullo scarto della responsabilità. La
maggioranza delle persone vivono schiave di una coscienza volta a negare ogni
comportamento che miri al cambiamento. In altre parole, le persone sono
ossessionate da una coscienza che distrugge se stessa attraverso l’eliminazione
dei significati legati ad un confronto di diversi fattori. Chi vive questo
periodo storico del nuovo millennio vuol far finta di aver ereditato (quando
non è logico pensare che tale meccanismo interno possa essere attribuibile solo
ad azione esterna) una coscienza ossessionata da rigettare il cambiamento.
Le persone di oggi sono così prive di consapevolezza da
preferire che la loro coscienza lavori in una modalità limitata per accettare ciò che viene imposto (come se le
imposizioni fossero frutto di dati sensoriali) e disconoscere il cambiamento
reale degli eventi a favore di una percezione di cambiamento che trova presto
il suo termine con l’ossessiva trasformazione degli eventi in qualcosa che
registra il presente come se esso stesso non fosse modificabile a priori.
La liberazione di un singolo individuo che si riappropri di
questi singoli e basilari processi di base garantirebbe una presa di coscienza, ovvero un
procedimento di auto liberazione e purificazione che farebbe decadere ogni
possibile barriera attua a rinnegare l’onnipresente essenza corruttibile delle
componenti naturali con cui le nostre vite devono interagire.
Riconquistare la propria libertà di scelta e di azione sarà la necessaria conseguenza della
presa di coscienza, ma non sarà sufficiente a determinare l’evoluzione positiva
della persona. Infatti, molte persone che sanno benissimo la differenza tra i
singoli meccanismi e le parti in gioco, sfruttano le loro capacità a loro
vantaggio, perché sanno individuare quei processi, definiti sociali, che
scaturiscono dalla stupidità collettiva proprio perché la collettività si è
abituata alla selezione forzata di determinati meccanismi e qualità mettendoli
in risalto su altri. Per questo motivo, nascono le scienza sociali che permettono di analizzare la complessa natura delle
funzioni sociali, che per nessun motivo devono essere intese come una naturale
evoluzione ma quanto il risultato di eventi generati e controllabili alla
fonte, ovvero dipendenti dal comportamento individuale. Ecco perché una singola
persona può fare la differenza sia nel bene che nel male. Dipende da te, e
dipende dalla situazione reale: sei consapevole o sei uno schiavo della tua
coscienza distorta?